Un silenzio durato quasi dieci giorni durante i quali mi sono addentrato nell'alta Germania e in Olanda per motivi familiari. Nulla però ha potuto frenare la curiosità di ricercare e studiare come questi "popoli del Nord" sono soliti imbandire la loro tavola. In questo post vi andrò a presentare le prelibatezze che si possono trovare in questi paesi e che io ho avuto la fortuna di assaggiare.
Norimberga - Storica e indimenticabile città della Baviera nel Sud della Germania. Questa è stata la nostra prima e ultima tappa prima di arrivare a Muenster. L'unica raccomandazione per chi volesse trascorrervi una o più notti? Mangiate le famose salsicce ovvero le Nürnberger Bratwurst, l'insalata di patate o in generale qualsiasi piatto di carne colpisca la vostra attenzione... su queste preparazioni sono dei maestri inimitabili! Stinchetto di maiale - Salsicce di Norimberga con insalata di patate. Non gradite la carne? Ricordatevi che il Nord Europa offre centinaia di varianti di zuppe, tutte squisite come questa zuppa di patate. Muenster - cittadina della Westfalia, non molto lontana dal confine con l'Olanda è stata la nostra casa per diverse giornate e anche una mamma premurosa che non lascia affamati i propri figli. Ogni pasto in questa città si è rivelata una piccola sorpresa. Flammkuchen - piatto tipico alsaziano, ma ampiamente consumato anche nelle regioni di lingua tedesca. Se voleste considerarla come una sorta di "pizza tedesca" non vi allontanereste troppo. Si tratta di un impasto cotto al forno farcito in svariati modi. Tipica è la farcitura con panna acida, spinaci e cipolle. Amsterdam - capitale dell'Olanda è una magnifica città, immersa nella sua tradizione, ricca di storia e cultura e cosmopolita al punto giusto. Numerosi sono i ristoranti italiani, cinesi, giapponesi, turchi, indiani in cui potreste imbattervi. Fortunatamente non è stato troppo difficile trovare qualcosa di tipico! Zuppa di cipolle Stamppot - piatto tradizionale olandese a base di patate schiacciate, carne e verdure miste. Questo tipico ristorante lo presentava arricchito con crauti (mescolate alle patate schiacciate), wurstel, polpette e sugo d'arrosto. Un piatto eccezionale, ma non per stomaci deboli. Zuppa di piselli - Immancabile zuppa con qualche "extra" a base di cubetti di pancetta. Maiale - Costine di maiale arrosto. Poffertjes - dolce tipico olandese a base di farina, acqua e lievito che viene cotto su una piastra appositamente scavata, per creare queste piccole "frittelle" che, tradizione vuole, vengano servite con zucchero a velo e burro. Pannenkoeken - Pancakes alla maniera olandese. Non fatevi ingannare dal nome, siamo piuttosto lontani dai famosi pancakes americani. Questi sono solitamente salati conditi con funghi, formaggio, pancetta e peperoni. Se fate un salto in Olanda non dovete farveli scappare. Jenever - Il Jenever è un liquore molto alcolico dal quale si è evoluto il gin. Molti sono i locali in cui si può degustare anche nelle molte versioni a base di frutta. Panino con l'aringa Torta di mela con gelato alla cannella Per concludere, un piccolo salto nella gastronomia belga. Una sera, nel corso di una ricerca dell'ennesimo ristorante tipico da sfruttare, ci siamo imbattuti in una birreria belga. Una scelta azzeccatissima e consigliata. Tagliere di formaggi misti Zuppa di pomodoro e mascarpone Stracotto di manzo cotto nella birra e insalata di mele
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Sabato 21 giugno 2014 si è ufficialmente aperta la Festa Artusiana nella meravigliosa atmosfera della città natale di Pellegrino Artusi ovvero Forlimpopoli.
Un modo per ricordare colui che rimarrà in eterno il primo cittadino di questo paese della Romagna che una volta all'anno si accende di colori, musica, spettacolo e gastronomia. Soprattutto di questo si parla! Gastronomia: la stessa scienza che ha reso famoso in tutto il mondo l'Artusi e il suo libro. Per sette giorni le piazze del paese sforneranno delizie della tradizione regionale e non, dalle tagliatelle, alle specialità di mora romagnola, al pesce di Cesenatico, alle crescentine, fino al pesce in saor e al baccalà con la polenta della provincia di Rovigo. Non mancano inevitabilmente le rivisitazioni delle ricette artusiane come il risotto alla cacciatora, la crostata artusiana, le crescenti, non dimenticando i manicaretti del ristorante Casa Artusi disponibili tutto l'anno. Accanto a grandi preparazioni della nostra gastronomia, si presentano i piccoli produttori del territorio: casari, contadini, cantinieri, panettieri, pasticceri che in un turbinio di sapori presenteranno i frutti del loro lavoro e della loro maestria. La Festa Artusiana è cultura, musica, spettacolo che riempiono le piazze e arricchiscono il nostro bagaglio culturale. Per tutte le sette serate si alterneranno sui palchi della rocca, di Casa Artusi e in vari allestimenti lungo le vie, cantanti, giocolieri, musicisti e compagnie di intrattenimento per bambini che allieteranno il post-cena. Numerosi sono oltretutto gli incontri organizzati a scopo divulgativo per permettere ai partecipanti di diventare più consapevoli su ciò che concerne il vasto universo gastronomico. Credo sia molto difficile descrivere la Festa Artusiana a parole perchè la ricchezza di questo evento è veramente oltre ogni immaginazione, ma credo senza ombra di dubbio che il personaggio a cui è dedicato sarebbe veramente fiero della sua città natale. Questa è solo una piccola esperienza su un magnifico evento a cui ho potuto partecipare durante il week end. La Festa Artusiana è uno di quegli eventi che gli amanti della gastronomia non dovrebbero lasciarsi fuggire per nessun motivo, anzi, a questo punto potrei provare ad indicarvi 8 buoni motivi per partecipare alla Festa Artusiana! 1 - La Festa è un modo per mettersi alla prova. In foto: ranking test (consumer scence) su diversi olii d'oliva. 2 - La Festa è un'opportunità per gustare qualcosa di diverso. In foto, spiedino abbrustolito di lumache con pancetta di Mora Romagnola e salvia. 3 - La Festa ti dà la possibilità di fare un salto nel passato della nostra cucina. In foto, uno dei tanti cartelli affissi per la città, riportanti le ricette artusiane. 4 - La Festa ti dà l'opportunità di fare incontri interessanti. In foto un curioso Pellegrino Artusi sui trampoli. 5 - La Festa è un modo per ampliare le proprie conoscenze. 6 - Se studi Scienze Gastronomiche, potresti avere l'occasione di incontrare gli autori dei tuoi testi nella stessa stanza (purtroppo in questo caso manca la foto ufficiale). 7 - La Festa ti permette di osservare le due facce della stessa medaglia. In foto, Piazza Artusi durante la festa e "a riposo" 8 - La Festa è uno strumento per far capire alle nuove generazioni che la gastronomia non comincia su Cielo e finisce su Real Time. Sono onorato di annunciare che dall'11 giugno 2014, il blog "Il piccolo Artusi" è entrato a far parte dell'Associazione Italiana Food Blogger (AIFB). Ma in che cosa consiste l'AIFB? Si tratta di un'associazione che riunisce molte persone sul nostro territorio, e anche all'estero, con la passione per il mondo della gastronomia e nella fattispecie quella di condividere le proprie esperienze attraverso il web. L'AIFB permette ai suoi associati di crescere e far crescere la consapevolezza del proprio ruolo all'interno della comunicazione nel mondo dell'agrolimentare. Inoltre l'associazione propone ai suoi associati numerose attività per conoscere meglio il mondo dell'enogastronomia, collaborare con aziende del territorio e gli enti locali, favorendo a volte l'incontro con le associazioni estere. State in linea per nuovissimi aggiornamenti! Un incontro forse inaspettato con un prodotto "nuovo" mi ha spinto a creare questo post. Qualche giorno fa mi è stata diagnosticata una lieve intolleranza ai lieviti, sia chimici che biologici e di colpo il mio regime alimentare ha dovuto riorganizzarsi per poter affrontare quest piccolo problema. La prima domanda che mi sono posto riguardava appunto il pane: di pani senza glutine ormai ne vengono a prodotti all'ordine del giorno, ma per quanto riguarda il pane senza lievito? Giustamente si potrebbe pensare di ripiegare su una classica piadina, ma è anche vero che un uomo "non può vivere solo di piadina". Alternativa secondaria sarebbe stato il pane definito azzimo: purtroppo in questo caso il buon Artusi non mi avrebbe aiutato in questa sfida gastronomica sulla quale mi sono trovato pressocchè inpreparato.
Nulla è perduto però, qualche ricerca in internet e su qualche volume personale e poco a poco si è aperta una finestra su un mondo del tutto nuovo e affascinante. Tralasciando gustose varianti che ruotano attorno a questa tipologia di preparazione, ad un certo punto mi sono imbattutto in un particolare ingrediente di cui ignoravo l'esistenza. Chiamatelo pure come volete; Triticum monococcum, piccolo farro, Monococco, Enkir o Shebar, ma la sua storia e le sue caratteristiche non muteranno sicuramente. Si tratta di un cereale considerato come il più antico addomesticato dall'uomo circa 10-12 mila anni fa in Oriente, padre di gran parte di altrei cereali. Cresce ancora oggi spontaneamente anche in Turchia, ha pochissime necessità agronomiche e si adatta particolarmente bene a vari ambienti. Difficilmente lo troviamo nei nostri supermercati, ma sappiate che viene coltivato con successo anche qui in Italia sia nella zona della provincia di Brescia, dove prende il nome di Shebar, sia in Piemonte dove viene chiamato Enkir. Da molti viene considerato come uno dei pochi alimenti "realmente biologico" in quanto ha un bassissimo impatto ambientale e non richiede nè concimazioni nè fertilizzazioni. Rispetto agli altri cereali, il Monococco ha un alto tenore di proteine (quasi 20%) e di carotenoidi, ma purtroppo non sembra molto conosciuta sul mercato del nostro paese. In questi giorni la proverò per realizzare del pane azzimo, miscelata in pari quantità con della farina di farro e staremo a vedere se il risultato sarà soddisfacente. Così nasce l'idea di una lunga trasferta oltre i confini della sua Regione: un compleanno, una ricorrenza senza particolare importanza che necessita però di ottime leccornie per accontentare i palati più fini dei convitati. Inizia il lungo viaggio che ha portato una gustosa Spalla di San Secondo dalla nebbiosa pianura parmense alle terre basse del centro Friuli.
Ma cos'è la Spalla di San Secondo? Si tratta di un salume già conosciuto probabilmente in epoca romana, di cui si hanno tracce certe intorno al 1200. Molto apprezzato per aromi, gusto e consistenza. Si ricava dalla spalla del suino che viene rifilata e lasciata marinare per ore in vari aromi. Viene salata, legata e lasciata riposare prima di essere avvolta in una vescica di bovino e legata nuovamente in modo che prenda la sua forma tradizionale. Infine viene cotta a bassa temperatura, ca. 70-80°C, per non meno di 1h per kg di peso. Il grasso che ritoviamo all'interno ne conferisce una consistenza celestiale e un aroma inconfondibile. Salume preferito dal Maestro Giuseppe Verdi, che non di rado regalava agli ospiti della sua villa a Sant'Agata, si può consumare sia fredda che calda. Nel secondo caso è preferibile ottenere delle fette leggermente spesse per apprezzarne la consistenza. Accompagnarla con dei bei pezzi di torta fritta non può che esalterne le caratteristiche. Così è stato fatto anche con la nostra Spalla. Sveglia alle 7 del mattino per permetterci di mettere in ammollo questo piccolo tesoro in una grande pentola con acqua e un buon vino rosso. Dopo 4 ore mezza è stata esposta agli ospiti stupiti che non hanno esitato ad allungare i piatti e spalancare le fauci. Il risultato? Meraviglioso! Dai più giovani ai più anziani, tutti hanno apprezzato enormemente questa delizia accompagnadola in questo caso con della radice di Kren (rafano) gratuggiato tipico delle nostre zone. Un consiglio? Provatela! Lasciamo riposare il nostro Artusi per questo Natale e diamo spazio a quella che è la cucina di casa mia. Fino ad oggi si è sempre detto piuttosto poco sulla gastronomia friulana che difficilmente è presente nei ricettari tradizionali della nostra penisola, forse per i gusti inconsueti o eccessivamente caratteristici. Quella che vorrei presentarvi oggi è una preparazione tipica dell'inverno friulano che difficilmente manca sulla tavola natalizia: la brovada e il musetto (brovade e muset). Il musetto altro non è che una sorta di "cotechino" molto fresco di colore marroncino tendente al grigio, piuttosto grasso, insaccato esclusivamente in budello naturale che deve il suo nome al fatto che dovrebbe essere prodotto con i resti del suino: orecchie e muso ad esempio. La brovada è qualcosa di particolare, introvabile fuori regione e probabilmente improponibile al di fuori dei nostri confini (esperienza personale). Si tatta di rape dal colletto viola che vengono ridotte in striscioline e fatte macerare nelle vinacce rosse fino ad ottenerne l'acidificazione naturale ad opera anche dei moscerini dell'aceto. Un connubio divino fra l'unto del musetto e l'acido pungente della provada. La preparazione di questo piatto richiede parecchio tempo e cura: la carne solitamente necessita di due ore di bollitura, mentre la brovada anche tre, ma sono in grado di sprigionare sapori e ricordi inconfondibili e indimenticabili. Sono due prodotti molto particolari, difficilmente reperibili fuori stagione. La brovada comincia ad affollare le mensole dei supermarket da metà autunno, mentre per il musetto la questione è sempre più complicata. Esistono infatti dei produttori che non promettono di poter rifornire i rivenditori con il proprio prodotto in determinate scadenze per vari motivi: ricordo un inverno piuttosto caldo, quello di due anni fa, durante il quale il "purcitar" (macellatore di maiali) da cui la mia famiglia si rifornisce non insaccò nemmeno un musetto perchè il suo tipo di lavorazione doveva essere fatto al di sotto di certe temperature! Vi lascio immaginare che il nostro, fu un Natale particolarmente triste, quello... I primi musetti si incominciarono a vedere solo con i primi freddi verso Gennaio. Una tradizione antica quella della brovada e il musetto che stenta ancora dopo secoli a rompere le barriere territoriali, ma che con vigore riesce ad imporsi dentro i confini friulani senza arretrare nemmeno con le nuove mode gastronomiche. Gli amanti della brovada e musetto non sono tristi se questa preparazione non viene apprezzata fuori regione... l'importante è che non venga mai a mancare nei loro piatti. Buon Natale! Siamo arrivati alla fine di questo breve percorso all'interno delle mura di Forlimpopoli. L'ultima sera è dedicata ad uno dei ristoranti più importanti e particolari della città: il ristorante di casa Artusi. Una piccola perla nell'immaginario gastronomico della Romagna dove poter tornare indietro nel tempo in una cucina che forse molti di noi hanno dimenticato. Oltre ad essere un ottimo ristorante riconosciuto da numerose guide, possiede una particolarità interessante: permette infatti di degustare alcune ricette originali tratte dalla "Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" del nostro Pellegrino Artusi. Un'occasione da non perdere e personalmente mi ci sono buttato a capofitto! Due parole sul locale: sobrio, elegante,si presenta molto bene con colori tenui e un'atmosfera lussuosa. Una mise en place ordinata, con fiori al tavolo e doppie posate. Il menù è piuttosto ricco così come la cantina di vini italiani ed esteri, ma all'occhio saltano sicuramente quei piccoli numeri che seguono alcune ricette ad indicare una preparazione artusiana. Il locale permette oltretutto di organizzare il proprio idillio gastronomico anche solo attingendo dall'Artusi grazie al "Menù Artusiano". Pensate che me lo sia fatto scappare? Andiamo ad incominciare.
Entreè - anche qui come all'osteria Artusi, il pasto si apre con quella favolosa vellutata di melanzane! Credo di essermi espresso già abbastanza su questa leccornia, ma in questo caso vorrei soffermarmi sulle stoviglie... Se l'avessi saputo prima avrei messo il frac! Le prossime immagini vi faranno sobbalzare per la ricercatezza non solo delle preparazioni, ma anche dei piatti. Antipasto - Sformato di funghi (n°452) su crema di porcini e sardella. Uno sformatino delicato, non troppo saporito, ma che assieme al profumo della salsa e al sapidità dell sardella acquista un'aroma eccezzionale. Ricorda vagamente lo sformatino di zucchine dell'altra sera e questo è molto rassicurante: l'autore non mente mai e la sua mano è onnipresente! Vi prego inoltre di far cadere l'occhio sul piatto elaborato: sembra di stare a Versaille! Primo piatto - Tortelli (n°55) conditi con cacio e burro. La cameriera poggia sul tavolo una zuppiera riccamente decorata, apre lo scrigno ed ecco il tesoro che reca il colore dell'oro. Dei tortelli grezzi, naturali, che rilasciano il loro ripieno in bocca dopo che il palato ha indugiato sulla pasta ricca di sostanza dalla texture rustica. Se non avessi avuto l'orologio sotto mano avrei giurato di aver fatto un salto indietro di almeno un centinaio di anni e trovarmi in una sala da pranzo della borghesia post-unificazione alla cena della vigilia di Natale... In questo momento è tutto così innaturale, così strano, ma così perfetto! Secondo piatto - Petto di vitella di latte ripieno (ricetta n.326) con Zucchine alla sautè (ricetta n.379). I frequentatori del mio blog ben ricorderanno questo piatto che io stesso ho provato a fare e con meraviglia ne ho riscoperto il sapore durante la cena. Il gusto è srano, non ci appartiene quasi più, probabilmente molte persone farebbero fatica ad apprezzarlo, ma per un tuffo nel passato non ci sono regole! Morbido, cremoso, sapido, leggero ecco cosa si prova ad ogni boccone. Dolce - Budino di limone (n°666). Concludiamo la cena con un dolce morbido e soffice come una nuvola, dolce come il miele e buono come pochi. Un piccolo risultato di pasticceria mignon presentato ad hoc. Ricorda quelle torte della nonna che oggi si trovano solo in alcune osterie polverose, nelle baite o in ristoranti, risultato di una decongelazione di un preparato industriale... Una semplicitò unica anche per questo piatto. Menù artusiano, acqua, coperto, pane per un totale di 24 euro. Un prezzo ottimo per una pancia soddisfatta. Anche qui un mix equilibrato tra passato e presente che si incontrano nel design del locale a luci soffuse e nelle preparazioni legate alla tradizione del nostro paese. Un consiglio!? Toglietevi uno sfizio e fateci un salto, io ci ho messo la faccia e il portafoglio: se non siete soddisfatti me ne prendo la colpa! Buon Appetito Dopo quasi un anno di pubblicazioni su questo blog mi pareva troppo strano non cercare di fare una visita a "papà Artusi" nei luoghi dove è nato e dove tutti lo ricordano come "il primo cittadino onorario". Tre giorni immersi in questa atmosfera magica fatta di ricordi e profumi antichi... Forlimpopoli non è solo una città da vedere, ma soprattutto da mangiare: tanti sono i locali dove poter respirare un soffio di Romagna e naturalmente di Artusi. Cercherò di provarne il più possibile per quanto le tasche me lo permetteranno!
Una visita a Casa Artusi nel pomeriggio e quale cosa migliore se non aprofittare dell'Osteria Artusi: locale definito informale, per un pasto non impegnativo, ma degno di nota. Una lunga scala porta ad una cantina bianca fatta ad archi, ricorda vagamente un'osteria: il bianco, le luci soffuse, il design sui tavoli e l'atmosfera moderna inizialmente possono confondere, ma a noi interessa il cibo. Menù Entreè - zuppetta di melanzane: un piccolo preludio al pasto. Una vellutata estiva, cremosa, fresca, completa, delicata. Servita in una quantità molto limitata è azzeccatissima per aprire lo stomaco senza sporcare il palato. Antipasto - salumi, melone, mozzarelle, pomodorini: quando penso ad Artusi penso all'Italia. Quel paese famoso nel mondo per le sue ricette semplici, quasi banali fatte da prodotti di altissima qualità. Pellegrino stesso consiglia ai lettori di circondarsi delle materie prime migliori per far colpo. Esiste un modo migliore per rappresentare l'Italia a tavola? Accompagnamento - piadina, gnocco fritto, panini morbidi: ogni qual volta tocco il suolo dell'Emilia-Romagna non vedo l'ora di gustare i loro salumi cioè l'estasi della trasformazione del suino! Non pensiate che vada giù da solo: ad un buon salume ci vuole un buon amidaceo e su questo capitolo potremmo starci sopra tutta la notte. Sta di fatto che non c'è niente di meglio della piada romagnola e dello gnocco fritto per il salume nostrano della zona. Secondo piatto - spezzatino di maiale con piselli, sedano e carote: un piatto tipico della nostra terra, più e più volte modificato anche dallo stesso Pellegrino. Credo che oggigiorno sia difficile trovare qualcuno che lo ordinerebbe o lo proporrebbe in un ristorante "moderno": troppo banale, troppo semplice, troppo visto e rivisto... Ebbene ne basta una forchettata per ricordare la zia, la nonna o la mamma: rammento quando da piccolo, la domenica, accanto alla fetta di polenta, mia nonna portava in tavola l'immancabile spezzatino. Giuro che ho dovuto trattenere le lacrime e lasciare i ricordi ad altro momento. Un piatto di un altro mondo, un piatto di un altro tempo, tanto semplice da non stupire, tanto buono da far rifiorire i ricordi migliori. Avete presente Proust e la sua madeleine? Contorno - radicchio rosso condito: un contorno corposo, tipico per un'osteria che si rispetti. Non ricordo bene il nome, ma il sapore sì! Forte, asprigno dato dall'aceto, legggermente unto dato dai bocconcini di carne e amaro dato dal radicchio. Veramente ottimo e devo dire che l'ho gradito particolarmente perchè ricorda un piatto della mia terra ovvero il radicchio cujnciado. Formaggi, verdure, dolci - avrei voluto trattenermi di più sul buffet dei formaggi e dei dolci, ma come avrete intuito dopo il contorno ero già alla frutta! Giusto un piccolo posto per assaggiare le confetture fatte in casa, un buon pezzo di Parmigiano e una fetta di dolce... Mai un pasto si concluse in modo migliore! Mi sono buttato a capofitto in questa esperienza non sapendo neanche quanto avrei speso... Più le portate avanzavano e più il cuore mi batteva forte pensando a quanto avrei dovuto sborsare per questa cena luculliana. Il conto? 13 euro bevande incluse! Una bellissima sorpresa, una cena ottima in grado di suscitare quelle emozioni scomparse di un tempo. Un luogo intimo anche per qualche cena più particolare... lo consiglio vivamente a chi, come me, vuole fare un passo indietro in cucina e non un balzo in avanti. Buon Appetito Atei e agnostici di tutta Italia parlo a voi! Avete mai sognato di gozzovigliare all'interno di una chiesa? Bene, questa sera ho qualcosa per voi. Una bellssima esperienza nella suggestiva atmosfera dell'osteria "L'aldiquà". Si tratta della Chiesa di S. Nicolò di origine cinquecentesca che dopo vari restauri, abbellimenti, passaggi di mano e cambiamenti della funzione (da chiesa, a magazzino) ora rappresenta un'accogliente locale nel centro di Forlimpopoli. Attraversando le lucide porte scorrevoli quello che ci si presenta agl'occhi è un caldo ambiente in legno che richiama la tipica taverna, ma salendo al piano di sopra, la taverna lascia spazio a qualcosa di più moderno, più fine, più ricercato. Tavoli apparecchiati con tovagliette di carta porpora decorate con schizzi a penna (avrei proprio voluto portarne uno a casa!), bicchieri sagomati, brocche rivestite di reti metalliche... Un mix davvero interessante: un'osteria, un atelier, un bistrot...
Prendo posto e apro il menù: c'è veramente di tutto. Se il locale è un mix di stili, il menù è una miscela di opportunità. Troviamo piatti della tradizione, presidi Slow Food e naturalmente qualche piatto Artusiano qua e là. Proviamo a creare una cena soddisfacente. Menù Entreè: cucchiaio di ricotta al basilico - A dire il vero questa non è stata una mia scelta, ma un'offerta che propone lo chef. Personalmente la trovo un'idea interessante! La ricotta è molto fresca e permette di pulire la bocca prima della cena... una cosa semplice, ma d'effetto che permette di cominciare il pasto già con un sorriso. Forse visto lo stile del locale avrei cambiato la presentazione con un cucchiaino da finger-food, ma chi sono io per rivedere le scelte dello chef!? Antipasto: tortino di zucchine artusiano - Anche se il locale non prevede un tema artusiano, non potevo perdere la possibilità di assaggiare una prima rivisitazione di un piatto di Pellegrino. Sfortunatamente non l'ho mai preparato e postato sul blog, ma appena ne avrò l'opportunità lo farò, promesso! Tornando al piatto, fose mi ritengo troppo suscettibile, ma ho sentito boccone dopo boccone l'impronta dell'Artusi: dei gusti già trovati qua e là fra le pagine, qualosa di già conosciuto. una bella sensazione si racchiude in questo piatto: veramente ottimo! Primo piatto: Nidi di rondine ripieni di rosolacce e ricotta di latte intero con una lacrima di ragù - Non ho mai incontrato nelle cucine in cui ho lavorato le "rosolacce", ma devo dire che mi hanno stupito. L'insieme è molto equilibrato: sembra un piatto a metà tra le lasagne ricotta e spinaci e le lasagne verdi al ragù. Molto interessante come abbinamento e anche come viene servito, in questa coccottina nera appena uscita dal forno. Gradirei vedere questo piatto più spesso nei ristoranti che frequento: per me è un modo ingegnoso per sostituire le solite lasagne emiliane. In tutta questa discussione, non abbiamo menzionato la presentazione dei piatti: il nome "osteria" potrebbe richiedere molto meno rispetto a quello che ho visto. Non di rado a questa classificazione del locale viene accompagnata una cura del piatto molto povera, ma qui si vede l'altra faccia della medaglia. Finalmente ci troviamo davanti qualcuno che comprende l'importanza dell'occhio nella degustazione del piatto. Un bel traguardo! Un entreè, un antipasto, un primo, acqua, pane, coperto: 20 euro. Non è pochissimo, ma tra la location, il personale caloroso, l'atmosfera e il cibo li vale tutti... complimenti. |
Marco FurmentiCuoco e Dottore in Scienze Gastronomiche Archives
Aprile 2018
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