Buongiorno a tutti e ben ritrovati per la nostra prima uscita del mese di Marzo a tema "pesce, molluschi e crostacei". Per tutti coloro che non sono pratici in geografia, svelerò un piccolo segreto. In Friuli c'è anche il mare: strano da credere, ma è una delle poche regioni che nell'arco di cento chilometri presenta alte montagne, dolci colline, umide pianure e spiagge soleggiate. Mare significa pesce! Non un pesce qualunque naturalmente, ma il povero pesce dell'Adriatico lagunare che vive su fondali fangosi. Vivendo più nell'entroterra, non ho grandi ricordi sul pesce di mare. Uno dei nostri più importanti prodotti ittici, infatti, è la Regina di San Daniele ovvero la trota salmonata, tipico pesce molto presente nei fiumi friulani. Tutto ciò che ricordo sono i banchi dei pescatori di Grado che venivano allestiti all'alba sulle banchine. Piccoli pesci, molluschi, qualche crostaceo... Non molto a dire il vero, ma da quello che so, la nostra cucina di pesce non ha niente da invidiare dalle altre. Dovendo scegliere una ricetta, non avevo idea di quale sarebbe diventato il protagonista della preparazione. Un pesce? Un mollusco? Un crostaceo? Perchè non tutti e tre? Così nasce l'idea di presentare una tipica zuppa dell'Adriatico che in questo caso viene passata grossolanamente prima di essere servita. Non credo si possa annoverare nelle ricette dell'alta cucina costiera, ma a me non dispiace affatto! A voi la scelta. Ingredienti per 4 persone
Procedimento
Vediamo cosa bolle in pentola nelle altre cucine de L'Italia nel piatto Veneto: Bigoli in salsa di alici Lombardia: Risotto con filetti di pesce persico Liguria: stocchefisce e bacilli Emilia Romagna: Quadrucci con le seppie Toscana: Seppie in zimino Marche: Alici arrosto o "a scota det" Umbria: Baccalà alla Ceraiola Abruzzo: Tiella di alici Molise: Polpette di San Giuseppe Lazio: Timballo di alici e scarola Campania: Alici indorate e fritte Basilicata: Alici alla scapece Puglia: Linguine cu suche de pulpe de pète Calabria: Sicci chini cu u sucu Sicilia: Sarde a beccafico L'ITALIA NEL PIATTO
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Nuova uscita per il 16 Febbraio a tema zuppe e verdure. Il sottotitolo questa volta ce lo metto io! Zuppe, verdure e l’arte di utilizzare gli avanzi.
È proprio di questo che parleremo oggi per introdurre la ricetta di questa uscita. La nostra tradizione gastronomica, non solo friulana, ma italiana, fonda spesso le proprie radici nella necessità di riutilizzare gli avanzi oppure nell’obbiettivo comune di non gettare niente e conservare a lungo. Da qui sono nati alcuni dei più famosi prodotti tipici del territorio e preparazioni ormai diffuse anche fuori dai confini. La zuppa probabilmente è il capostipite di queste ricette. Io personalmente la definisco una preparazione “svuota dispensa”. Non ho mai incontrato delle vere e proprie ricette codificate sapientemente per ottenere una zuppa: esiste più che altro un “canovaccio”, una base, un’idea comune sul quale poi tutte le cucine si sbizzarriscono. Forse, è proprio in questo modo che è nata la zuppa di oggi. Parliamo della Jota, tipica zuppa triestina preparata anche in altre zone del Friuli e anche della Slovenia. Si tratta di un intrigo di ingredienti quasi buttati nel pentolone, nella speranza che vi esca qualcosa di buono. L’ingrediente principe? I capuzi garbi, ovvero i i cavoli cappucci acidi (più conosciuti come krauti). E poi fagioli, patate, carne mista, aglio, farina di polenta e chi più ne ha più ne metta: l’importante è non innovare! La jota è un pilastro della tradizione triestina che tende a diventare “cattiva” se sente l’odore dell’innovazione. Una zuppa povera, che povera deve rimanere. Servitela in un piatto rifinito d’oro, con preziosa argenteria, un tovagliato d’altri tempi e un’etichetta per le grandi occasioni, ma non modificate la zuppa: lei ne soffrirà. Un’unica novità è stata apportata nel tempo: i fagioli. Dai tradizionali legumi con l’occhio, siamo passati ai fagioli borlotti venuti dall’America. Cesare Fonda, storico e gastronomo, ha provato a spiegare come sia nata questa ricetta: probabilmente una famiglia si è trovata con dei fagioli avanzati da una parte, dei cappucci da un’altra non abbastanza per tutti, a meno che non vengano uniti, allungati con acqua e farina fritta. Jota, un nome curioso che non sembra neppure italiano. La sua origine è protagonista di diverse ipotesi: - Jutta: termine del tardo latino che indica una brodaglia. - Yot: termine cimbro che indica una minestra, una pappa. - Jucba: termine Ceco che indica una minestra di cavoli Come gran parte delle preparazioni friulane, ogni zona possiede la sua variante che prevede l’utilizzo dei capuzi garbi oppure della brovada (rape macerate nella vinaccia), o che sostituisce i faglio con l’orzo cotto. Quella che vi proporrò io, è una jota più delle mie parti, senza krauti, ma con la brovada che personalmente adoro. Andiamo a cominciare. Ingredienti per 4 persone - 450g di fagioli borlotti - 400g di brovada - 350g di patate pulite - 180g di salsiccia - 100g di pancetta o lardo affumicato - 1 spicchio d’aglio Procedimento
(La versione originale, prevede di servire la jota aggiungendo un soffitto di olio e farina di mais fatta imbiondire). Vediamo cosa succede nelle altre cucine italiane Valle d'Aosta: Minestra di riso con porri e patate Trentino-Alto Adige: La mosa e la trisa Veneto: La panada Lombardia: La Büseca (Trippa) Liguria: carciofi con piselli (articiocche con puisci) Emilia Romagna: Zuppa di patate DOP di Bologna e polenta con gorgonzola Toscana: Porrata bianca, ricetta fiorentina del '300 Marche: Zuppa di cicerchia: ricetta tipica delle Marche Umbria: Smulicata Abruzzo:Zucchine e Patate (Chicocce e patane) Molise: Farinata de Sante Paule Lazio: Minestra di broccolo alla romana Campania:'Mbastuocchio vruoccl e rape e fasul Puglia: Le cecuère salvàgge cu bbrote Calabria: Zuppa di fagioli, zucca gialla, funghi e borragine Sicilia: Macco di fave e finocchietto selvatico Eccoci di ritorno per la nuova uscita del 2 Febbraio dedicata ai piatti di Carnevale della tradizione.
Il Carnevale, è forse una delle mie feste preferite perché ci permette di uscire dall’ordinario, superare la routine quotidiana senza per forza rischiare di essere internati in una casa di cura. Mascherarsi a Carnevale è una tradizione antica, che probabilmente ci porta indietro nel tempo ai tempi dei romani e alle feste pagane. La parola Carnevale deriva dal latino “carnem levare” cioè togliere la carne. Questo termine, stava ad indicare probabilment l’ultimo giorno di questa ricorrenza (martedì grasso) in cui era concesso l’ultimo pasto sfarzoso prima di entrare nel periodo di digiuno quaresimale. In mio ricordo del carnevale friulano è leggermente offuscato. Una delle poche immagini che vi associo è il “grasso”. Grandi pentole ribollenti di strutto o olio sfrigolante in cui vengono fritti i nostri amati crostoli, prodotto immancabile a carnevale (sono il corrispondente delle chiacchere, delle frappole che dir si voglia). Quindi in generale i dolci la fanno da padrona in questo periodo di festa, ed è proprio di un dolce che parleremo oggi. Non tratteremo di crostoli, se è quello che speravate. Per quelli dovrete attendere ancora un po’: nella mia famiglia esiste una ricetta che viene tramandata di generazione in generazione con precise gerarchie al cui vertice c’è la nonna, come maga indiscussa della frittura nello strutto. Oggi parleremo di un’altra ricetta che ho trovato sfogliando molti libri di cucina friulana. Si tratta dei rafioi ovvero i ravioli Carnevale. Si tratta di un impasto che può ricordare vagamente quello dei crostoli che viene utilizzato per ricavare dei piccoli ”scrigni” ripieni di mele cotte, zucchero, cannella, pinoli e canditi. Diamo subito uno sguardo alla ricetta Ingredienti per 25 ravioli ca.
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Ma vediamo cosa succede nelle altre cucine de L'Italia nel piatto Trentino-Alto Adige: Frittelle di mele trentine http://www.afiammadolce.it/2015/02/frittelle-di-mele-trentine.html Veneto: Lattughe e frigole de carneval http://ely-tenerezze.blogspot.com/2015/02/lattughe-e-fritole-de-carneval.html Lombardia: Chiacchiere milanesi http://kucinadikiara.blogspot.com/2015/02/chiacchiere-milanesi-per-litalia-nel.html Liguria: Bugie http://arbanelladibasilico.blogspot.com/2015/02/litalia-nel-piatto-ricette-di-carnevale.html Emilia Romagna:Tagliatelle dolci fritte http://zibaldoneculinario.blogspot.com/2015/02/tagliatelle-dolci-fritte-per-litalia.html Toscana: Berlingozzo di Lamporecchio http://acquacottaf.blogspot.com/2015/02/berlingozzi-detti-anche-zuccherini.html Umbria: Strufoli http://www.dueamicheincucina.ifood.it/2015/02/strufoli-per-l…lia-nel-piatto.html Abruzzo: Cestini di Cicerchiata http://ilmondodibetty.it/cestini-di-cicerchiata/ Molise: Migliaccio molisano http://lacucinadimamma-loredana.blogspot.com/2015/02/migliaccio-molisano-per-un-carnevale.html Lazio: Fregnacce http://beufalamode.blogspot.com/2015/02/fregnacce-di-acquapendente-per-litalia.html Campania: Sanguinaccio con il sangue di maiale http://www.isaporidelmediterraneo.it/2015/02/il-sanguinaccio-con-il-sangue-di-maiale_1.html Basilicata: Polpette di pane e patate http://blog.alice.tv/profumodicannella/2015/01/31/polpette-di-pane-e-patate-cocuelle-di-carnevale/ Puglia: A Farnedd http://breakfastdadonaflor.blogspot.com/2015/02/cucina-pugliese-farnedd.html Calabria: Pruppetti cu u sucu http://ilmondodirina.blogspot.com/2015/02/pruppetti-cu-u-sucu.html Sicilia: Il cannolo http://burro-e-vaniglia.blogspot.com/2015/02/il-cannolo.html Un buon 2015 a tutti gli affezionati de L'Italia nel piatto! Cominciamo quest'anno nuovo con una soddisfazione personale. Finalmente, dopo molti mesi, sono riuscito a riunire nello stesso post, una ricetta regionale del Friuli Venezia Giulia che è presente anche nella Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi.
Per il 2 Gennaio, L'Italia nel piatto ha deciso di dare sfogo a quelle ricette che prevedono come ingrediente, la frutta secca. Quella che vi vado a presentare, è una delle preparazioni più famose della pasticceria triestina, ovvero il Presnitz. Questo singolare dolce, ha una dubbia origine: si pensa infatti che sia di origine austroungarica e che sia stato preparato per la prima volta a Castagnevizza del Carso (Slovenia). Altri, invece, affermano che il dolce abbia origine triestina e che sia stato realizzato per l'Imperatore Francesco I e l'Imperatrice Carolina Augusta di Baviera. Il Presnitz ricorda quella tradizione del Nord Italia di combinare una pasta dolce con la frutta secca e quella fresca con quell'odore di spezie che durante la cottura inonda la vostra casa. Nella fattispecie, questo dolce è arricchito con rhum e vino di Cipro (un vino dolce di millenaria importanza) che gli conferiscono un aroma più ricco e rotondo. Il Presnitz, prevede l'utilizzo di una pasta sfoglia, la cui ricetta è riportata nell'Artusi, ma provando a realizzarlo con una pasta già pronta, il risultato è ottimo allo stesso modo. La ricchezza di questo dolce è unica nel suo genere, così come la sua forma, d'altronde. Probabilmente, deriva da un'iscrizione che riportava il Presnitz durante la visita dell'imperatore che suonava pressappoco così: "se girerai il mondo, torna qui" riferito alla sua figura. Un'altra leggenda, invece afferma che la spirale ricordi la corona di spine di Cristo visto che il dolce è di tradizione pasquale. Passiamo ora alla ricetta raccontata direttamente dal protagonista di questo blog, Pellegrino Artusi. Eccovi un altro dolce di tedescheria e come buono! Ne vidi uno che era fattura della prima pasticceria di Trieste, lo assaggiai e mi piacque. Chiestane la ricetta la misi alla prova e riuscì perfettamente; quindi, mentre ve lo descrivo, mi dichiaro gratissimo alla gentilezza di chi mi fece questo favore. Uva sultanina, grammi 160. Zucchero, grammi 130. Noci sgusciate, grammi 130. Focaccia rafferma, grammi 110. Mandorle dolci sbucciate, grammi 60. Pinoli, grammi 60. Cedro candito, grammi 35. Arancio candito, grammi 35. Spezie composte di cannella, garofani e macis, grammi 5. Sale, grammi 2. Cipro, decilitri l. Rhum, decilitri l. L'uva sultanina, dopo averla nettata, mettetela in infusione nel cipro e nel rhum mescolati insieme; lasciatela così diverse ore e levatela quando comincia a gonfiare. I pinoli tagliateli in tre parti per traverso, i frutti canditi tagliateli a piccolissimi dadi, le noci e le mandorle tritatele con la lunetta alla grossezza del riso all'incirca, e la focaccia, che può essere una pasta della natura dei brioches o del panettone di Milano, grattatela o sbriciolatela. L'uva lasciatela intera e poi mescolate ogni cosa insieme, il rhum e il cipro compresivi. Questo è il ripieno; ora bisogna chiuderlo in una pasta sfoglia per la quale può servirvi la ricetta del n. 155 nella proporzione di farina gr. 160 e burro gr. 80. Tiratela stretta, lunga e della grossezza poco più di uno scudo. Distendete sulla medesima il ripieno e fatene un rocchio a guisa di salsicciotto tirando la sfoglia sugli orli per congiungerla. Dategli la circonferenza di 10 centimetri circa, schiacciatelo alquanto o lasciatelo tondo, ponetelo entro a una teglia di rame unta col burro avvolto intorno a sé stesso come farebbe la serpe; però non troppo serrato. Infine, con un pennello, spalmatelo con un composto liquido di burro sciolto e un rosso d'uovo. Invece di uno potete farne due, se vi pare, con questa stessa dose, la metà della quale io ritengo che basterebbe per sette od otto persone. Ma vediamo cosa succede nelle altre cucine della penisola Veneto: Nadalin Lombardia: Amaretti lodigiani (Amareti ludesani) Liguria: chicche della nonna con salsa di noci Emilia Romagna: Il croccante Toscana: Panficato Marche: Le beccute Umbria: Fazzoletti di farro alle noci Molise: Citillo Lazio: Nociata Campania: Pane calzone alle noci e caciocavallo Puglia: Le Castagnelle Calabria: Salame di fichi al cioccolato Sicilia: Giuggiulena o torrone al sesamo Cosa ci fa una ricetta della luminosa Sardegna in un blog che propone la gastronomia friulana? Rende il nostro Natale più italiano.
Per l'uscita pre-natalizia, l'Italia nel piatto ha ben pensato di proporre la rubrica "ti regalo una ricetta" nella quale ogni blogger è chiamato a preparare una ricetta per le feste, di una regione scelta tramite sorteggio. Sardegna e Friuli Venezia Giulia... Se provassimo a creare delle analogie, non sembrerebbero nemmeno due culture dello stesso paese. Lingue, accenti, costumi, clima e sopratutto gastronomia: non potevamo riunire due realtà più diverse. La preparazione che ha suscitato in me più curiosità è stata appunto quella del Torrone di Tonara presa direttamente dal meraviglioso blog della nostra corrispondente sarda Vicky. Preparazione che ricorda sicuramente il Natale a tutti gli italiani, ma che nella mia regione, non fa parte della tradizione e che solitamente tende a passare in secondo piano. Prima di cominciare però, parliamo un po' di torrone. Il torrone, non è sicuramente una preparazione dei giorni nostri, anzi! Si pensa che sia un'invenzione dei popoli che abitavano le terre della Campania in epoche prima di Cristo (probabilmente i sanniti). Marco Valerio Marziale lo descrisse, citandolo, con il nome latino di cupedia perché così era conosciuto dagli antichi romani. Grazie probabilmente al suo metodo di preparazione che prevede l'utilizzo di miele, zucchero, albumi e frutta secca, questo dolce rimase sempre in auge, preparato sia a livello casalingo che artigianale. Nel corso dei secoli, grazie a diverse popolazioni che abitavano lo stivale, il torrone si diffuse in gran parte della penisola, acquisendo variazioni e personalizzazioni. Solo a fine '800 però, la sua realizzazione si evolse sul piano industriale con l'apertura dei primi grandi stabilimenti. Oggi, questa preparazione è diffusa dalla Sicilia fino in Lombardia con grandi tipicità locali, dal Torrone di Caltanissetta, fino al Torrone di Cremona e naturalmente il Torrone sardo di Tonara, che sembrerebbe l'unico a prevedere solo l'utilizzo del miele non accoppiato con lo zucchero. Riporto ora la ricetta originale direttamente dal blog di Vicky. Il colore avorio, che dovrebbe avere la preparazione, deriva direttamente dai colori del miele. Purtroppo il Friuli non offre grande varietà di mieli "chiari" per cui il torrone è risultato leggermente più scuro. Prendiamola come una ricetta fusion tra queste due grandi culture! Ingredienti
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Per augurarvi un Buon Natale come si deve, perchè non fare un salto nelle altre cucine a vedere quali sfide sono state assegnate ai nostri amici? Trentino-Alto Adige: Gli spaghetti della vigilia a Palma Campania Lombardia: Il Fiarone Molisano Veneto: Il Pandolce della Liguria Valle d'Aosta: Le pucce uliate Liguria: pasta ai profumi di Sicilia Emilia Romagna: Il torciglione umbro Lazio: Husarenkrapfen Toscana: Tozzetti ai pistacchi, ricetta del Lazio Marche: Petrali:ricetta tipica della Calabria Abruzzo: Frustingolo ricetta tipica delle Marche Molise: Coniglio in civet dal Piemonte Umbria: Riso al latte dalla Lombardia Campania: Aquacotta Toscana Puglia: Zuppa alla Valdostana Calabria: Pampapato di Ferrara Sicilia: Gubana triestina Nuova uscita pre-natalizia per L'Italia nel Piatto a tema "Ricette Natalizie".
Avete presente quanto i milanesi siano attaccati al loro Panettone? Ecco,con lo stesso sentimento, i friulani sono attaccati al loro Panettone regionale, ovvero la Gubana. Si tratta di un dolce ricavato da una pasta lievitata con un ricco ripieno di frutta secca e naturalmente... GRAPPA! Originaria delle Valli del Natisone, oggi la gubana si erge al di sopra di tutti i prodotti da forno friulani come capostipite di una tradizione che purtroppo sta spegnendo. Largamente preparata a livello familiare, questa preparazione si può trovare oggi, solo nei laboratorio di pasticceria specializzati oppure nei supermercati regionali. SI pensa che la parola gubana derivi direttamente da una parola slovena, guba, che significa piega, che ricorda appunto la sua particolare forma arrotolata. Nel libro di Giuseppina Perusini Antonini "Mangiare e bere friulano", viene indicato come una preparazione simile venisse già eseguita in tempi medioevali . A parere mio, rimane una delle ricette più complesse della tradizione friulana da realizzare a livello casalingo a partire dal reperimento della ricetta. Se non avete a disposizione un amico artigiano pasticcere friulano, difficilmente potrete ottenere un prodotto simile da quello realizzato dai negozi di specialità tipiche. La ricerca sulle mie fonti scritte, non ha dato i suoi frutti sperati. Molti sono i libri di cucina tipica che riportano questa singolare ricetta, ma nessuna delle sette che ho preso in considerazione racchiudeva la mia "idea" di gubana. Chi aggiungeva il cioccolato, chi i biscotti secchi, chi i canditi, chi la margarina vegetale... non ci siamo proprio! Tutto ciò, ha richiesto un grande lavoro di "miscelazione" delle ricette per ottenere quella che più mi aggradava, sia per l'impasto, sia per il ripieno. Il risultato è stato altamente soddisfacente, anche per coloro che hanno potuto assaggiarla! Una cosa curiosa che vi segnalo, è la variante che viene largamente consumata in tutto il Friuli. Si tratta degliStrucchi o Struki, dei piccoli quadretti di pasta simile alla gubana, con lo stesso ripieno che possono essere cotti al forno o fritti. Ingredienti per 10 persone ca. Per la pasta:
MA VEDIAMO COSA BOLLE NELLE PENTOLE DELLE ALTRE CUCINE ITALIANE Trentino-Alto Adige: Husarenkrapfen Lombardia: Il torrone di Cremona Veneto: Bussolà Liguria: raviéu co-u tuccu Emilia Romagna: Panone di Natale Bolognese Lazio: Pan giallo Toscana: Ricciarelli Marche: Fustringolo marchigiano Abruzzo:Il Parrozzo Molise: Agnello alla molisana Umbria: Pampepato Basilicata: Fritti di Natale - calzoncini, rosette e cannaricoli Campania: Spaghetti alle vongole veraci, piatto della vigilia Puglia: Pane fenìscke Sicilia: Cous cous dolce di Natale Il nostro blog Eccoci giunti all'uscita di metà mese de L'Italia nel piatto con la rubrica "I doni del bosco - funghi, tartufi, castagne".
Tema complesso per una regione come il Friuli. Non ho memoria di tartufi consumati nella mia regione e di trovarne andando per i boschi rigogliosi della zona pedemontana, non se ne parla neppure... Stesso vale per i funghi: se ne trovano di certo, soprattutto nella zona del pordenonese, ma da qui a dire che rientrino a pieni voti nella tradizione di questa cultura gastronomica, il salto è molto grande. Rimangono le castagne... Ricordo un profumo di stiç ovvero di quel bruciato che viene da cibi cotti sulla cucina a legna e una grande bacinella con dentro un fagotto ricavato da un vecchio strofinaccio, che sicuramente ha visto più inverni di tutti i bambini raccolti intorno al tavolo di legno. Non c'è dubbio: quel piccolo scrigno contiene delle caldarroste appena tolte da quell'inferno di fiamme, legno e ceneri. Però, questo, non è un odore solo di casa: in questo periodo tutta la città odora di castagne, di vin brulè e ribolla gialla (tipico vino da castagne). Sulle castagne ho trovato qualche dato più concreto. In Friuli Venezia Giulia, tre sono le varietà importanti:
Da questa cultura povera, contadina, di montagna deriva questa ricetta molto rustica e di recupero. Pochi ingredienti di uso comune arricchiti da un pezzo di carne che qualche famiglia conservava come il gioiello più prezioso nelle piccole cantine di casa. Per me è stata una novità provare questa preparazione, ma la consiglio vivamente per fare un tuffo nel passato e riscoprire come da sapori semplici si possa ricavare qualcosa di meraviglioso. Ingredienti per 4 persone:
Ma vediamo cosa bolle nelle pentole delle cucine dello stivale! Non dimenticatevi di visitare il nostro blog Trentino-Alto Adige: Crostatine ai funghi mi sti di bosco Lombardia: Foiade di castagne ai funghi porcini Veneto: Budin con la farina de maròn Valle d'Aosta: Risotto alle castagne Liguria: tocco de funzi Emilia Romagna: Tagliatelle di castagne con sugo di funghi Lazio: Frittelle di castagne e mele Toscana: Necci Marche: Il tartufo e la 49° fiera nazionale del tartufo bianco di Acqualagna Abruzzo:Funghi all'Abruzzese Molise: Zuppa di lenticchie di Capracotta e castagne Umbria: Costolette d'agnello con roveja e tartufo Basilicata: Polpette al vino rosso con cardoncelli e lampascioni in agrodolce Puglia: Recchjetèdde e cardengiedde Calabria: Il castagnaccio dei monti Reventino, Tiriolo, Mancuso Goulash d'oca alla friulana con polenta arrostita e frichetto croccante per L'Italia nel piatto2/11/2014 Eccoci di ritorno per l'attesissima uscita del 2 Novembre a titolo "Comfort Food".
Cosa si intende per comfort food? Qualsiasi alimenti, cibo, preparazione che richiama alla mente un ricordo, che ci permette di gustare un piatto non solo con un appagamento fisico, ma anche mentale. Sono preparazioni che ci soddisfano completamente e conferiscono un benessere a trecento sessante gradi. Per chi avesse pensato alle madeleine di Proust, diciamo che non ci siamo molto lontano. Il comfort food alla fine dei conti rappresenta il vero modo di mangiare. Approfitto di questa sede per cercare di chiarire la differenza fra l'alimentarsi e il mangiare. Alimentarsi significa propriamente ingerire degli alimenti per introdurre le sostanze di cui abbiamo bisogno. Rientra in questo campo, quindi, la pura azione materiale del "mangiare per sopravvivere". Mangiare, a parere mio, indica qualcosa che va oltre al semplice alimentarsi. Comprende tutta una serie di gestualità, di tradizioni che rientrano nella cultura di un popolo e che si sviluppano attorno all'atto dell'alimentarsi: banalmente pensiamo al preparare la tavola, alla chiacchiera durante il pranzo, al brindisi e al mangiare stesse cose in momenti similari. In questa ottica entra anche il comfort food, ovvero il cibo che appaga anche bisogni che vanno oltre all'appagamento fisico. Dopo questa introduzione, passiamo al piatto... è una giornata fredda, nebbiosa, di una qualsiasi Domenica di Novembre. Ho un ricordo sfocato di un'anziana signora che, circondata dal fumo della cucina, mescola in una grande pentola dei pezzi di carne che emanano un profumo inconfondibile e speziato. Nella pila di fianco intanto un mestolo di legno accompagna con movimenti cadenzati la lenta cottura della polenta gialla. Da quei giorni lontani, la Domenica autunno-invernale è rimasta, nel mio immaginario familiare come il giorno della polenta e del goulash. Di solito questa preparazione prevedeva il manzo, il maiale o l'oca (diffusa nella nostra tradizione) che veniva cosparsa dalla parpika alla moda austriaca e cotta lentamente per qualche ora nel brodo misto al sugo di pomodoro fino a cottura completa. Il frico, a volte, accompagnava questa preparazione nella sua versione croccante fatto con la crosta del formaggio avanzata e un pugno di farina di mais tolta dalla polenta. Ma andiamo a vedere la sua preparazione: Ingredienti per 4 persone:
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Ma vediamo cosa succede nelle altre cucine italiane e soprattutto ricordatevi di visitare il nostro blog personale! Trentino-Alto Adige: Pane di molche (El Pam de molche) con le noci Lombardia: Ravioli di zucca (Raviöi de ssüca) Veneto: Pearà Valle d'Aosta: Budino di pane di segale Liguria: Ciuppin Emilia Romagna: Zuppa imperiale Lazio: Minestra di ceci e castagne Toscana: Pappa al pomodoro Marche: Olive all'ascolana Abruzzo: Scrippelle 'mbusse Molise: U Suscelle Umbria: Zuppa di cecere Basilicata: Lagane e ceci Campania: Pettole e fagioli sfritte Puglia: Cavatelli, cozze e fagioli Calabria: Marzallette Sicilia: I taralli siciliani Seconda uscita mensile per L'Italia nel piatto con la rubrica "Vini e cantine". Oggi parleremo di un vino storico del Friuli Venezia Giulia ovvero il Picolìt. Questo vino era già conosciuto ai tempi dei romani e nel corso della storia è stato servito sulle tavole più importanti d'Italia e d'Europa fino a quella dello zar di Russia. Lo stesso Goldoni lo definisce "la gemma enologica più splendente del Friuli". Nella storia di questo vitigno, grande merito va conferito al Conte Fabio Asquini di Fagagna che intorno alla metà del XVIII secolo diede vita ad un'attività di difesa di questo vitigno che stava letteralmente per scomparire portandolo anche sulle tavole prestigiose di Londra, Milano, Parigi e Genova. Ma cos'è dunque il Picolìt? Si tratta di un vitigno autoctono friulano coltivato soprattutto sulle colline friulane che dà origine ad alcuni prodotti di grande valore tra cui il rinomato Colli Orientali del Fiuli Picolìt D.O.C.G. Questo è un vino dolce, particolarmente alcolico (13-16°C) che si presenta di un colore dorato o ambrato, con un notevole corpo che a volte lo rende molto simile ad un nettare o al miele stesso. Una caratteristica peculiare di questo vitigno che lo rende ancora più pregiato è purtroppo la sua resa ad ettaro. Questa pianta infatti ha un germogliamento molto precoce ed è soggetta ad aborto naturale dei fiori che quindi non diventeranno mai acini completi. Oltretutto per coltivarlo è sempre necessario affiancarlo con altre varietà per favorire l'impollinazione. Da questa sua peculiare caratteristica si pensa derivi anche il nome singolare. Ecco qualche parola direttamente dalla mente di Luigi Veronelli: "Non credo vi sia in Italia vino più nobile di questo, è stato autentica gemma dell'enologia friulana...; potrebbe essere l'orgoglio di tutta la nostra enologia solo se si riuscisse a stabilizzarne la coltura e la vinificazione. Le sue qualità lo renderebbero in Italia, ciò che per la Francia è lo Chateau d'Yquem" La produzione di questo singolare prodotto è severamente regolamentato da un disciplinare di produzione (G.U. n° 83 aprile 2006) in cui vengono indicate le zone in può essere prodotto, la resa massima che può avere ogni ettaro e i gradi alcolici minimi (13%). In viticoltura esistono diversi metodi per ottenere un vino dolce o passito, ma in questo caso il disciplinare non indica una lavorazione particolare. Ciò significa che per ottenere le uve per il Picolit si può ricorrere all'appassimento sulla pianta (torcendo il peduncolo), in cassette (una volta raccolte) o sui graticci tradizionali. L'abbinamento adatto a questa tipologia di vino rientra naturalmente nel vasto mondo delle preparazioni di pasticceria: evitando cioccolato e sapori agri conferiti dagli agrumi. Avendo caratteri molto simili al miele, un accostamento con dei formaggi stagionati non è da escludere! Per Picolit più prestigiosi, qualcuno, sconsiglia l'abbinamento, trattandolo come vero e proprio vino da meditazione che non ha bisogno di accompagnamento. Ma andiamo a vedere cosa hanno da offrirci le altre regioni italiane. Trentino-Alto Adige: Vellutata al vino Lagrein Lombardia: I vini DOC di San Colombano al Lambro Valle d'Aosta: Viticoltura in Valle d'Aosta Liguria: il Rossese e le trippe accomodate Emilia Romagna: Sorbetto alla MalvasiaDOC Colli Piacentini Toscana: Pane, vino e zucchero: Marche: Vino di visciole e straccadenti Abruzzo:Il Vino Pecorino d'Abruzzo Molise:Vini e cantine del Molise: la Tintilia Umbria: Bocconcini di Mailae con Prugnole e Rubesco Campania: Piedirosso Bio Igt V Campania Puglia: Macedonia di frutta al Moscato di Trani DOC Calabria:Greco di Bianco, il vino più antico d'Italia. Sicilia: Gelatine allo Zibibbo Il nostro blog L'Italia nel Piatto I diritti delle foto appartengono a:
Eccoci ritrovati alla consueta uscita del secondo giorno di ogni mese. Per il 2 di Ottobre l'Italia nel piatto propone una rubrica a titolo "Dalla Vigna alla Cucina" per poter raccontare come l'uva e il vino vengono reinterpretati nelle diverse cucine del nostro stivale. Inutile dire che quando si parla di vino, a noi friulani ci si apre il cuore e un sorriso enorme si stampa sul volto dei protagonisti della magica trasformazione del frutto nel prodotto finito. Per il Friuli, il vino è quella mamma affettuosa che sa sempre come consolare il proprio figlio vita. Insomma il vino è parte fondamentale della nostra esistenza. Ora non voglio togliere nulla alla salubrità, all'eleganza e alla straordinaria variabilità dell'uva da pasto che arricchisce di colori le nostre tavole, ma purtroppo in queste terre se dovessimo scegliere tra vino e uva, non credo che la seconda avrebbe particolari possibilità. Vado a presentarvi infatti una ricetta, molto semplice a dire il vero, che affonda però le radici nella mite zona dell'Isontino e della Bassa Friulana. Qui al al caldo sole dell'estate crescono rigogliosi gli alberi di pesco che fino agli ultimi giorni di Settembre ci regalano i loro preziosi frutti. La Pierçolade o piarsolade o persegada, in base alla zona in cui viene gustata, è un dessert al quale spesso viene affiancato il nominativo di "zuppa di pesche". Due sono i grandi protagonisti di questa ricetta come avrete capito: le pesce, ma soprattutto il vino. Infatti mentre per le pesche, le scelte possono variare in base alla disponibilità, per il vino solitamente si opta o per un buon Friulano (il Tocai dei bei tempi) o un giovane Merlot o un Refosco dal Peduncolo Rosso. C'è chi la frutta la preferisce acerba, chi dolce, chi morbida e chi soda... a noi piace col vino! La preparazione si compone di poche e semplici fasi e di pochi ingredienti, ma uno fra tutti spicca rispetto agli altri: il tempo. Questo fattore è indispensabile per fare in modo che avvenga una lenta macerazione della frutta e che i succhi si combinino per creare equilibrio e omogeneità. Ultima regola, ma fondamentale: vino bianco per pesche a pasta gialla, vino rosso per pesche a pasta bianca! Ingredienti per 4 persone:
Per dare un tocco più invitante alla preparazione vi consiglio di servirla con una pallina di gelato alla crema e all'ultimo momento aggiungere al composto macerato due cucchiai di grappa o un superalcolico a vostra scelta. Non so se ci avete fatto caso, ma non ricorda molto la Sangria spagnola? A chi spetta il primato? Ma andiamo a vedere cosa propongono le altre cucine italiane! Trentino-Alto Adige: Strudel altoatesino d'uva e mandorle Lombardia: Risotto allo Spumeggio Veneto: Mosto d'uva cotto Valle d'Aosta: Filetto con riduzione al Torrette Liguria: torta di pane e miele (torta de pan e amè) Emilia Romagna: Sugo d'uva Lazio: Ciambelle al mosto Toscana: Schiacciata con l'uva Marche: Crescia co lu paulittu Abruzzo:Confettura d'uva fragola Umbria: Maritozzi con il mosto Basilicata: Cotto d'Uva Campania: Ciambelle al vino Puglia: U Cuètte (Vincotto) Calabria: Gurpinella di mustarda Sicilia: La mostata siciliana Sardegna: Tiliccas o caschettas dolci sardi alle mandorle Molise: Pasta vinnisca Un'altra sorpresa per voi! Da oggi è attivo anche il nostro blog ufficiale! ISCRIVETEVI IN MASSA! L'Italia nel Piatto |
Marco
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