Eccoci giunti all'uscita di metà mese de L'Italia nel piatto con la rubrica "I doni del bosco - funghi, tartufi, castagne".
Tema complesso per una regione come il Friuli. Non ho memoria di tartufi consumati nella mia regione e di trovarne andando per i boschi rigogliosi della zona pedemontana, non se ne parla neppure... Stesso vale per i funghi: se ne trovano di certo, soprattutto nella zona del pordenonese, ma da qui a dire che rientrino a pieni voti nella tradizione di questa cultura gastronomica, il salto è molto grande. Rimangono le castagne... Ricordo un profumo di stiç ovvero di quel bruciato che viene da cibi cotti sulla cucina a legna e una grande bacinella con dentro un fagotto ricavato da un vecchio strofinaccio, che sicuramente ha visto più inverni di tutti i bambini raccolti intorno al tavolo di legno. Non c'è dubbio: quel piccolo scrigno contiene delle caldarroste appena tolte da quell'inferno di fiamme, legno e ceneri. Però, questo, non è un odore solo di casa: in questo periodo tutta la città odora di castagne, di vin brulè e ribolla gialla (tipico vino da castagne). Sulle castagne ho trovato qualche dato più concreto. In Friuli Venezia Giulia, tre sono le varietà importanti:
Da questa cultura povera, contadina, di montagna deriva questa ricetta molto rustica e di recupero. Pochi ingredienti di uso comune arricchiti da un pezzo di carne che qualche famiglia conservava come il gioiello più prezioso nelle piccole cantine di casa. Per me è stata una novità provare questa preparazione, ma la consiglio vivamente per fare un tuffo nel passato e riscoprire come da sapori semplici si possa ricavare qualcosa di meraviglioso. Ingredienti per 4 persone:
Ma vediamo cosa bolle nelle pentole delle cucine dello stivale! Non dimenticatevi di visitare il nostro blog Trentino-Alto Adige: Crostatine ai funghi mi sti di bosco Lombardia: Foiade di castagne ai funghi porcini Veneto: Budin con la farina de maròn Valle d'Aosta: Risotto alle castagne Liguria: tocco de funzi Emilia Romagna: Tagliatelle di castagne con sugo di funghi Lazio: Frittelle di castagne e mele Toscana: Necci Marche: Il tartufo e la 49° fiera nazionale del tartufo bianco di Acqualagna Abruzzo:Funghi all'Abruzzese Molise: Zuppa di lenticchie di Capracotta e castagne Umbria: Costolette d'agnello con roveja e tartufo Basilicata: Polpette al vino rosso con cardoncelli e lampascioni in agrodolce Puglia: Recchjetèdde e cardengiedde Calabria: Il castagnaccio dei monti Reventino, Tiriolo, Mancuso
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Goulash d'oca alla friulana con polenta arrostita e frichetto croccante per L'Italia nel piatto2/11/2014 Eccoci di ritorno per l'attesissima uscita del 2 Novembre a titolo "Comfort Food".
Cosa si intende per comfort food? Qualsiasi alimenti, cibo, preparazione che richiama alla mente un ricordo, che ci permette di gustare un piatto non solo con un appagamento fisico, ma anche mentale. Sono preparazioni che ci soddisfano completamente e conferiscono un benessere a trecento sessante gradi. Per chi avesse pensato alle madeleine di Proust, diciamo che non ci siamo molto lontano. Il comfort food alla fine dei conti rappresenta il vero modo di mangiare. Approfitto di questa sede per cercare di chiarire la differenza fra l'alimentarsi e il mangiare. Alimentarsi significa propriamente ingerire degli alimenti per introdurre le sostanze di cui abbiamo bisogno. Rientra in questo campo, quindi, la pura azione materiale del "mangiare per sopravvivere". Mangiare, a parere mio, indica qualcosa che va oltre al semplice alimentarsi. Comprende tutta una serie di gestualità, di tradizioni che rientrano nella cultura di un popolo e che si sviluppano attorno all'atto dell'alimentarsi: banalmente pensiamo al preparare la tavola, alla chiacchiera durante il pranzo, al brindisi e al mangiare stesse cose in momenti similari. In questa ottica entra anche il comfort food, ovvero il cibo che appaga anche bisogni che vanno oltre all'appagamento fisico. Dopo questa introduzione, passiamo al piatto... è una giornata fredda, nebbiosa, di una qualsiasi Domenica di Novembre. Ho un ricordo sfocato di un'anziana signora che, circondata dal fumo della cucina, mescola in una grande pentola dei pezzi di carne che emanano un profumo inconfondibile e speziato. Nella pila di fianco intanto un mestolo di legno accompagna con movimenti cadenzati la lenta cottura della polenta gialla. Da quei giorni lontani, la Domenica autunno-invernale è rimasta, nel mio immaginario familiare come il giorno della polenta e del goulash. Di solito questa preparazione prevedeva il manzo, il maiale o l'oca (diffusa nella nostra tradizione) che veniva cosparsa dalla parpika alla moda austriaca e cotta lentamente per qualche ora nel brodo misto al sugo di pomodoro fino a cottura completa. Il frico, a volte, accompagnava questa preparazione nella sua versione croccante fatto con la crosta del formaggio avanzata e un pugno di farina di mais tolta dalla polenta. Ma andiamo a vedere la sua preparazione: Ingredienti per 4 persone:
Procedimento
Ma vediamo cosa succede nelle altre cucine italiane e soprattutto ricordatevi di visitare il nostro blog personale! Trentino-Alto Adige: Pane di molche (El Pam de molche) con le noci Lombardia: Ravioli di zucca (Raviöi de ssüca) Veneto: Pearà Valle d'Aosta: Budino di pane di segale Liguria: Ciuppin Emilia Romagna: Zuppa imperiale Lazio: Minestra di ceci e castagne Toscana: Pappa al pomodoro Marche: Olive all'ascolana Abruzzo: Scrippelle 'mbusse Molise: U Suscelle Umbria: Zuppa di cecere Basilicata: Lagane e ceci Campania: Pettole e fagioli sfritte Puglia: Cavatelli, cozze e fagioli Calabria: Marzallette Sicilia: I taralli siciliani |
Marco
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