Nuova uscita per il 16 Febbraio a tema zuppe e verdure. Il sottotitolo questa volta ce lo metto io! Zuppe, verdure e l’arte di utilizzare gli avanzi.
È proprio di questo che parleremo oggi per introdurre la ricetta di questa uscita. La nostra tradizione gastronomica, non solo friulana, ma italiana, fonda spesso le proprie radici nella necessità di riutilizzare gli avanzi oppure nell’obbiettivo comune di non gettare niente e conservare a lungo. Da qui sono nati alcuni dei più famosi prodotti tipici del territorio e preparazioni ormai diffuse anche fuori dai confini. La zuppa probabilmente è il capostipite di queste ricette. Io personalmente la definisco una preparazione “svuota dispensa”. Non ho mai incontrato delle vere e proprie ricette codificate sapientemente per ottenere una zuppa: esiste più che altro un “canovaccio”, una base, un’idea comune sul quale poi tutte le cucine si sbizzarriscono. Forse, è proprio in questo modo che è nata la zuppa di oggi. Parliamo della Jota, tipica zuppa triestina preparata anche in altre zone del Friuli e anche della Slovenia. Si tratta di un intrigo di ingredienti quasi buttati nel pentolone, nella speranza che vi esca qualcosa di buono. L’ingrediente principe? I capuzi garbi, ovvero i i cavoli cappucci acidi (più conosciuti come krauti). E poi fagioli, patate, carne mista, aglio, farina di polenta e chi più ne ha più ne metta: l’importante è non innovare! La jota è un pilastro della tradizione triestina che tende a diventare “cattiva” se sente l’odore dell’innovazione. Una zuppa povera, che povera deve rimanere. Servitela in un piatto rifinito d’oro, con preziosa argenteria, un tovagliato d’altri tempi e un’etichetta per le grandi occasioni, ma non modificate la zuppa: lei ne soffrirà. Un’unica novità è stata apportata nel tempo: i fagioli. Dai tradizionali legumi con l’occhio, siamo passati ai fagioli borlotti venuti dall’America. Cesare Fonda, storico e gastronomo, ha provato a spiegare come sia nata questa ricetta: probabilmente una famiglia si è trovata con dei fagioli avanzati da una parte, dei cappucci da un’altra non abbastanza per tutti, a meno che non vengano uniti, allungati con acqua e farina fritta. Jota, un nome curioso che non sembra neppure italiano. La sua origine è protagonista di diverse ipotesi: - Jutta: termine del tardo latino che indica una brodaglia. - Yot: termine cimbro che indica una minestra, una pappa. - Jucba: termine Ceco che indica una minestra di cavoli Come gran parte delle preparazioni friulane, ogni zona possiede la sua variante che prevede l’utilizzo dei capuzi garbi oppure della brovada (rape macerate nella vinaccia), o che sostituisce i faglio con l’orzo cotto. Quella che vi proporrò io, è una jota più delle mie parti, senza krauti, ma con la brovada che personalmente adoro. Andiamo a cominciare. Ingredienti per 4 persone - 450g di fagioli borlotti - 400g di brovada - 350g di patate pulite - 180g di salsiccia - 100g di pancetta o lardo affumicato - 1 spicchio d’aglio Procedimento
(La versione originale, prevede di servire la jota aggiungendo un soffitto di olio e farina di mais fatta imbiondire). Vediamo cosa succede nelle altre cucine italiane Valle d'Aosta: Minestra di riso con porri e patate Trentino-Alto Adige: La mosa e la trisa Veneto: La panada Lombardia: La Büseca (Trippa) Liguria: carciofi con piselli (articiocche con puisci) Emilia Romagna: Zuppa di patate DOP di Bologna e polenta con gorgonzola Toscana: Porrata bianca, ricetta fiorentina del '300 Marche: Zuppa di cicerchia: ricetta tipica delle Marche Umbria: Smulicata Abruzzo:Zucchine e Patate (Chicocce e patane) Molise: Farinata de Sante Paule Lazio: Minestra di broccolo alla romana Campania:'Mbastuocchio vruoccl e rape e fasul Puglia: Le cecuère salvàgge cu bbrote Calabria: Zuppa di fagioli, zucca gialla, funghi e borragine Sicilia: Macco di fave e finocchietto selvatico
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Marco
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