Ho sempre desiderato dilettarmi con un pasticcio! Non uno di quei pasticci che intendiamo noi oggi, tipo lasagna, ma uno di quelli "all'antica" che spesso si ritrovano anche in incisioni medioevali sulle tavole imbandite.
Credo sia una preparazione veramente singolare. Si tratta di involucri di pasta, tipo pane o tipo brisé, che vengono riempiti con ogni ben di Dio: dalle verdure, alla carne, al pesce e via dicendo. In qualche modo, questa ricetta è paragonabile ai timballi del Sud Italia. Nella fattispecie, il pasticcio di maccheroni dell'Artusi, ricorda un timballo di pasta. Devo dire che forse si tratta di una delle ricette più complesse che ho ritrovato nel suo libro sia per la lunga lista di ingredienti, sia per il lungo procedimento. Sfortunatamente, mi sono ritrovato ad affrontare questa preparazione con i soliti mezzi di fortuna, pensando inizialmente che il risultato sarebbe stato tra il penoso e leggermente passabile. Mi sbagliavo! Dal primo boccone, ho riconosciuto la complessità della ricetta in tutti i suoi ingredienti: è stato un risultato oltre ogni previsione. Consiglio vivamente di provare questa preparazione per stupire i vostri ospiti e anche voi stessi. Non fatevi ingannare dal suo aspetto rustico e poco elegante: il sapore ripaga l'occhio. I cuochi di Romagna sono generalmente molto abili per questo piatto complicatissimo e costoso, ma eccellente se viene fatto a dovere, il che non è tanto facile. In quei paesi questo è il piatto che s'imbandisce nel carnevale, durante il quale si può dire non siavi pranzo o cena che non cominci con esso, facendolo servire, il più delle volte, per minestra. Ho conosciuto un famoso mangiatore romagnolo che, giunto una sera non aspettato fra una brigata di amici, mentre essa stava con bramosia per dar sotto a un pasticcio per dodici persone che faceva bella mostra di sé sulla tavola, esclamò: - Come! per tante persone un pasticcio che appena basterebbe per me? - Ebbene, gli fu risposto, se voi ve lo mangiate tutto, noi ve lo pagheremo. - Il brav'uomo non intese a sordo e messosi subito all'opra lo finì per intero. Allora tutti quelli della brigata a tale spettacolo strabiliando, dissero: - Costui per certo stanotte schianta! - Fortunatamente non fu nulla di serio; però il corpo gli si era gonfiato in modo che la pelle tirava come quella di un tamburo, smaniava, si contorceva, nicchiava, nicchiava forte come se avesse da partorire; ma accorse un uomo armato di un matterello, e manovrandolo sul paziente a guisa di chi lavora la cioccolata, gli sgonfiò il ventre, nel quale chi sa poi quanti altri pasticci saranno entrati. Questi grandi mangiatori e i parassiti non sono a' tempi nostri così comuni come nell'antichità, a mio credere, per due ragioni: l'una, che la costituzione dei corpi umani si è affievolita; l'altra, che certi piaceri morali, i quali sono un portato della civiltà, subentrarono ai piaceri dei sensi. A mio giudizio, i maccheroni che meglio si prestano per questa pietanza sono quelli lunghi all'uso napoletano, di pasta sopraffine e a pareti grosse e foro stretto perché reggono molto alla cottura e succhiano più condimento. Eccovi le dosi di un pasticcio all'uso di Romagna, per dodici persone, che voi potrete modificare a piacere, poiché, in tutti i modi, un pasticcio vi riuscirà sempre: Maccheroni, grammi 350. Parmigiano, grammi 170. Animelle, grammi 150. Burro, grammi 60. Tartufi, grammi 70. Prosciutto grasso e magro, grammi 30. Un pugnello di funghi secchi. Le rigaglie di 3 o 4 polli, e i loro ventrigli, i quali possono pur anche servire, se li scattivate dai tenerumi. Se avete oltre a ciò creste, fagiuoli e uova non nate, meglio che mai. Odore di noce moscata. Tutto questo gran condimento non vi spaventi, poiché esso sparirà sotto alla pasta frolla. Imbiancate i maccheroni, ossia date loro mezza cottura nell'acqua salata, levateli asciutti e passateli nel sugo n. 4, e lì, a leggerissimo calore, lasciateli ritirare il sugo stesso, finché sieno cotti. Frattanto avrete fatta una balsamella metà dose del n. 137 e tirate a cottura le rigaglie col burro, sale e una presina di pepe, annaffiandole col sugo. Tagliate le medesime e le animelle a pezzetti grossi quanto una piccola noce e dopo cotte, aggiungete il prosciutto a piccole strisce, i tartufi a fettine sottili, i funghi fatti prima rinvenire nell'acqua calda e qualche presa di noce moscata, mescolando ogni cosa insieme. La pasta frolla suppongo l'abbiate già pronta, avendo essa bisogno di qualche ora di riposo. Per questa servitevi della intera dose del n. 589, ricetta A, dandole odore colla scorza di limone; ed ora che avete preparato ogni cosa, cominciate ad incassare il vostro pasticcio, il che si può fare in più modi; io, però, mi attengo a quello praticato in Romagna ove si usano piatti di rame fatti appositamente e bene stagnati. Prendetene dunque uno di grandezza proporzionata ed ungetelo tutto col burro; sgrondate i maccheroni dal sugo superfluo e distendetene un primo suolo che condirete con parmigiano grattato, con pezzetti di burro sparsi qua e là e con qualche cucchiaiata di balsamella e rigaglie; ripetete la stessa operazione finché avrete roba, colmandone il piatto. Tirate ora, prima col matterello liscio, poi con quello rigato, una sfoglia di pasta frolla grossa uno scudo e coprite con essa i maccheroni fino alla base, poi tiratene due strisce larghe due dita e colle medesime formanti una croce a traverso, rinforzate la copritura; cingetelo all'intorno con una fasciatura larga quanto gli orli del piatto e se avete gusto per gli ornamenti, fatene tanti quanti n'entrano colla pasta che vi rimane, non dimenticando di guarnire la cima con un bel fiocco. Dorate l'intera superficie con rosso d'uovo, mandate il pasticcio in forno, e in mancanza di questo cuocetelo in casa nel forno da campagna; infine imbanditelo caldo a chi sta col desiderio di farne una buona satolla. Consigli pratici
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Marco FurmentiClasse 1992, cuoco, gastronomo e food and wine manager Archives
Gennaio 2015
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