Quando la sessione di esami comincia a pesare sulle teste degli universitari, non c'è niente di meglio di un bel dolce fresco fatto in casa. Non è sicuramente una delle ricette più facili che si possano ritrovare nella "Scienza in cucina" artusiana, ma è un dolce che fa la sua bella figura al centro del tavolo domenicale. Come molte altre preparazioni di pasticceria, l'impasto non risulta particolarmente dolce, ma grazie alla glassa zuccherina bilanciata con il succo di limone questa ricetta riuscirà ad appagare il vostro palato senza appesantirvi. Si tratta sempre di una ricetta tratta da un libro del 1891, quindi dovete solo provare per togliervi qualunque dubbio!
Questo è un dolce di bell'apparenza e molto gentile. Zucchero, grammi 120. Farina d'Ungheria, grammi 120. Mandorle dolci, grammi 100. Uova, n. 4. Le mandorle sbucciatele, asciugatele al sole o al fuoco e, scegliendone un terzo delle più grosse, dividete queste in due parti nei due lobi naturali; le altre tagliatele in filetti sottili. Montate le uova e lo zucchero in una bacinella di rame o di ottone, sul fuoco, alla temperatura di 20 gradi, battendole con la frusta più di un quarto d'ora. Ritirato il composto dal fuoco uniteci la farina mescolando leggermente e versatelo in uno stampo liscio, tondo od ovale poco importa, che avrete prima imburrato e spolverizzato con un cucchiaino di zucchero a velo ed uno di farina uniti insieme; ma sarebbe bene che lo stampo fosse di grandezza tale che il dolce, quando è cotto, riuscisse alto quattro dita circa. Cuocetelo al forno o al forno da campagna a moderato calore e dopo corto e ben diaccio tagliatelo all'ingiro a fette sottili un centimetro. Fate una crema con: Rossi d'uovo, n. 2. Latte, decilitri 3. Zucchero, grammi 60. Farina, grammi 15. Burro, grammi 10. Odore di vainiglia, e con questa a bollore spalmate da una sola parte le fette del dolce e ricomponetelo, cioè collocatele insieme una sopra l'altra. Verrà meglio la crema se metterete al fuoco prima il burro con la farina per cuocerla senza farle prender colore; poi, resa tiepida, vi aggiungerete i rossi, il latte e lo zucchero rimettendola al fuoco. Ora bisogna intonacare tutta la parte esterna del dolce con una glassa, ossia crosta, e a questo effetto mettete a bollire in una piccola cazzaruola grammi 230 di zucchero in un decilitro di acqua fino al punto che, preso il liquido fra le dita, appiccichi un poco, ma senza filo, ed avrete un altro indizio della sua giusta cottura quando avrà cessato di fumare e produrrà larghe gallozzole. Allora ritiratelo dal fuoco e quando comincia a diacciare spremetegli un quarto di limone e lavoratelo molto col mestolo per ridurlo bianco come la neve; ma se v'indurisse fra mano versateci un poco d'acqua per ridurlo scorrevole come una crema alquanto densa. Preparata così la glassa, buttateci dentro le mandorle a filetti, mescolate e intonacate il dolce, e colle altre divise in due parti rifioritelo al disopra infilandole ritte. Invece della crema potete usare una conserva di frutta, ma con la crema riesce un dolce squisito e perciò vi consiglio a provarlo. Consigli pratici
0 Commenti
Caldo, troppo caldo! Anche la voglia di mettersi ai fornelli si allontana in queste giornate. Solo un buon gelato potrebbe rischiarare un momento del genere. Non è cosa semplicissima da fare in casa, ma con un po' di pratica i risultati non tardano ad arrivare. Il dolce che vi vado a presentare ora, non è un gelato purtroppo: si tratta di una specie di rimpiazzo su cui sono approdato visto che avevo degli albumi avanzati dalla preparazione precedente. Il gelato mi ha richiesto 5 tuorli perciò avevo a disposizione 5 albumi. In questo caso le dosi sono state dimezzate, ma a parer mio il risultato è stato sorprendente. Si tratta di una torta morbida, leggera a dire il vero, ottima da gustare anche durante una pausa-snack, ma soprattutto molto facile da preparare. Provate per credere! Se avete d'occasione delle chiare d'uovo, che non sappiate come consumare, potreste fare un dolce nel seguente modo, che riesce buono. Chiare d'uovo, n. 8 o 9. Farina d'Ungheria, grammi 300. Zucchero a velo, grammi 150. Burro, grammi 150. Uva sultanina, grammi 100. Cremor di tartaro, grammi 10. Bicarbonato di soda, grammi 5. Odore di zucchero vanigliato. Montate le chiare e versate nelle medesime la farina e lo zucchero; mescolate e poi aggiungete il burro liquefatto. Quando il composto sarà tutto unito aggiungete le polveri e per ultimo l'uva. Versate il composto in una teglia unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina, ove il dolce riesca alto almeno due dita, cuocetelo al forno o al forno da campagna e servitelo diaccio. Consigli pratici:
Dopo una lunga pausa dalle ricette artusiane, torniamo in carreggiata con un dolce. Sicuramente non uno dei più semplici: richiede tempo, attenzione e buoni ingredienti. Si tratta di uno dei dolci più classici della nostra tradizione: il babà.
La storia narra che questo dolce sia frutto dell'ingegno del re di Polonia Stanislao Leszczynsky, suocero di Luigi XV di Francia, che cercò di modificare il Kugelhupf. Cosa fece? Lo inzuppò nel rhum e lo chiamò Alì Babà, dall'omonimo personaggio de "Le Mille e una notte". In Francia divenne subito molto famoso col nome di Babà e poi si diffuse soprattutto nel Regno di Napoli. Questo dolce è conosciuto in due varianti: una classica a forma di fungo e una meno usata che è quella simile al Kugelhupf. La versione artusiana non è troppo diversa sa quella classica del babà anche se a parere mio leggermente meno dolce. Spero che i napoletani in ascolto non me ne vorranno a male. Questo è un dolce che vuol vedere la persona in viso, cioè per riuscire bene richiede pazienza ed attenzione. Ecco le dosi: Farina d'Ungheria o finissima, grammi 250. Burro, grammi 70. Zucchero in polvere, grammi 50. Uva sultanina, detta anche uva di Corinto, grammi 50. Uva malaga a cui vanno levati gli acini, grammi 30. Lievito di birra, grammi 30. Latte o, meglio, panna, decilitri 1 circa. Uova, n. 2 e un rosso. Marsala, una cucchiaiata. Rhum o cognac, una cucchiaiata. Candito tagliato a filetti, grammi 10. Sale, un pizzico. Odore di vainiglia. Con un quarto della detta farina e con un gocciolo del detto latte tiepido, s'intrida il lievito di birra e se ne formi un pane di giusta sodezza. A questo s'incida col coltello una croce, non perché esso e gli altri così fregiati abbiano paura delle streghe; ma perché a suo tempo diano segno del rigonfiamento necessario, ad ottenere il quale si pone a lievitare vicino al fuoco, a moderatissimo calore, entro a un vaso coperto in cui sia un gocciolo di latte. Intanto che esso lievita, per il che ci vorrà mezz'ora circa, scocciate le uova in una catinella e lavoratele collo zucchero; aggiungete dipoi il resto della farina, il panino lievitato, il burro sciolto e tiepido, la marsala e il rhum, e se l'impasto riuscisse troppo sodo, rammorbiditelo col latte tiepido. Lavoratelo molto col mestolo finché il composto non si distacchi dalla catinella, per ultimo gettateci l'uva e il candito, e mettetelo a lievitare. Quando avrà rigonfiato rimuovetelo un poco col mestolo e versatelo in uno stampo unto col burro e spolverizzato di zucchero a velo misto a farina. La forma migliore di stampo, per questo dolce, è quella di rame a costole; ma badate ch'esso dev'essere il doppio più grande del contenuto. Copritelo con un testo onde non prenda aria e ponetelo in caldana o entro un forno da campagna, pochissimo caldo, per lievitarlo; al che non basteranno forse due ore. Se la lievitatura riesce perfetta si vedrà il composto crescere del doppio, e cioè arrivare alla bocca dello stampo. Allora tirate a cuocerlo, avvertendo che nel frattempo non prenda aria. La cottura si conosce immergendo un fuscello di granata che devesi estrarre asciutto; nonostante lasciatelo ancora a prosciugare in forno a discreto calore, cosa questa necessaria a motivo della sua grossezza. Quando il Babà è sformato, se è ben cotto, deve avere il colore della corteccia del pane; spolverizzatelo di zucchero a velo. Servitelo freddo. Consigli pratici
Avete mai pensato di farla finita con il solito Pan di Spagna? Bene! Questa è una ricetta che fa al caso vostro. Non mi sento così coraggioso da assicurarvi un risultato appagante in quanto il gusto è altre sì strano, ma potrebbe essere uno di quegli esperimenti da fare almeno una volta nella vita. Questa ricetta ricorda il pan di Spagna, ma allo stesso tempo ha delle note per così dire rustiche. Zucchero, grammi 120. Candito a pezzettini, grammi 30. Pangrattato fine, grammi 120. Uva sultanina, grammi 30. Uova, n. 4. Odore di scorza di limone. Lavorate prima i rossi d'uovo con lo zucchero finché siano divenuti quasi bianchi; aggiungete il pangrattato, poi il candito e l'uva, e per ultimo le chiare montate ben sode. Mescolate adagio per non smontarle e quando il composto sarà tutto unito, versatelo in una teglia imburrata e infarinata o spolverizzata di pangrattato, ove alzi due dita circa e cuocetela al forno; questo dolce prenderà l'apparenza del pan di Spagna che spolverizzerete, dopo cotto, di zucchero a velo. Se dovesse servire per dieci o dodici persone raddoppiate la dose. Consigli pratici:
La torta quattro quarti è un dolce ben conosciuto in tutta Europa e anche nel nuovo continente con il nome di quatre quarts o ancora pound cake. Il nome di questa preparazione deriva dal fatto che la ricetta prevede quattro ingredienti in parti uguali (anche se questa ne presenta cinque). Una torta che si presta bene a molte personalizzazioni, soprattutto "alleggerimenti" visto la notevole quantità di grassi: può risultare pesante per gli stomaci troppo delicati soprattutto a fine di un pasto sostanzioso.
Uova n. 5 e del loro peso, compreso il guscio, altrettanto zucchero ed altrettanta farina. Uva passolina, grammi 200. Burro, grammi 200. Candito a pezzettini, grammi 30. Bicarbonato di soda, un cucchiaino. Lavorate prima le uova con lo zucchero, aggiungete la farina e continuate a lavorare con un mestolo per mezz'ora all'incirca. Lasciate il composto in riposo per un'ora o due, indi unite al medesimo il burro sciolto a bagnomaria, il bicarbonato, l'uva e il candito; versatelo in una teglia o in una forma liscia, unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo misto a farina e cuocetelo al forno. L'uva passolina lavatela prima, onde nettarla dalla terra che ordinariamente contiene, ed asciugatela. Qui viene a proposito uno sfogo contro la proverbiale indolenza degl'Italiani i quali sono soliti di ricorrere ai paesi esteri anche per quelle cose che avrebbero a portata di mano nel proprio. Nelle campagne della bassa Romagna si raccoglie un'uva nera a piccolissimi chicchi e senza seme, colà chiamata uva romanina, che io, per uso di casa mia, ho messo talvolta a profitto perché non si distingue dalla passolina se non per essere di qualità migliore e priva d'ogni sozzura. Per seccarla distendete i grappoli in un graticcio, tenetela in caldana per sette od otto giorni, nettandola dai raspi quando sarà secca. Consigli pratici:
Una buona Domenica a tutti! Niente di meglio che cominciare la giornata con una piccola chicca per il palato, ma che non vada ad appesantire lo stomaco che già pregusta l'abbondanza del pranzo domenicale! Vi presento un biscotto molto semplice da preparare, leggero, friabile, adatto, come dice la ricetta, ad un the pomeridiano: un sapore equilibrato che non rischia di eclissare gli aromi di tisane ed infusi vari. Vediamo le note di Pellegrino! Mistress Wood, un'amabile signora inglese, avendomi offerto un the con pastine fatte con le sue proprie mani, ebbe la cortesia, rara nei cuochi pretenzionosi, di darmi la ricetta che vi descrivo, dopo averla messa alla prova. Farina d'Ungheria o finissima, grammi 440. Farina di patate, grammi 160. Zucchero a velo, grammi 160 Burro, grammi 160. Due chiare d'uovo. Latte tiepido, quanto basta. Formate un monticello sulla spianatoia con le due farine e lo zucchero mescolati insieme. Fategli una buca in mezzo, collocateci le chiare e il burro a pezzetti e, colla lama di un coltello prima e con le mani dopo, servendovi del latte, intridetelo e lavoratelo mezz'ora circa per ottenere un pastone piuttosto tenero. Tiratelo col matterello in una sfoglia della grossezza di uno scudo, tagliatela a dischi rotondi, come quello del n. 7, bucherellateli con le punte di una forchetta e cuoceteli al forno o al forno da campagna in una teglia unta col burro. Con sola mezza dose della ricetta se ne ottengono assai. Consigli pratici
Vi siete mai chiesti come si sia evoluto un piatto nel corso del tempo? Forse questa ricetta fa al caso vostro! Quando mi sono imbattuto in questa ricetta, non avevo la minima idea di cosa sarebbe venuto fuori: mi sono messo il cuore in pace sul fatto che non sarebbe mai uscito un budino stile "Cameo" come piace a noi altri oggi! Il risultato è stato qualcosa di insolito... Un mix fra una torta e un ripieno di ricotta, ma con un gusto ricco a base nocciole. Altrimeti non saprei descriverlo: consiglio di provarlo, potrebbe stupirvi! Latte, decilitri 7. Uova, n. 6. Nocciole sgusciate, grammi 200. Zucchero, grammi 180. Savoiardi, grammi 150. Burro, grammi 20. Odore di vainiglia. Sbucciate le nocciole nell'acqua calda ed asciugatele bene al sole o al fuoco, indi pestatele finissime nel mortaio collo zucchero versato poco per volta. Mettete il latte al fuoco e quando sarà entrato in bollore sminuzzateci dentro i savoiardi e fateli bollire per cinque minuti, aggiungendovi il burro. Passate il composto dallo staccio e rimettetelo al fuoco con le nocciole pestate per isciogliervi dentro lo zucchero. Lasciatelo poi ghiacciare per aggiungervi le uova, prima i rossi, dopo le chiare montate; versatelo in uno stampo unto di burro e spolverizzato di pangrattato, che non venga del tutto pieno, cuocetelo in forno o nel fornello e servitelo freddo. Questa dose potrà bastare per nove o dieci persone. Consigli pratici:
Vi piacciono le sfide in cucina? Questa ricetta potrebbe piacervi. Un lievito iniziale da impastare ancora prima di cominciare la ricetta, una lista lunga di ingredienti che danno un risultato molto soddisfacente. L'unico problema sono le tempistiche. Prendetevi almeno tutto il pomeriggio perchè vi servirà ve lo assicuro! Per una colazione diversa, queste ciambelle possono essere interessanti... Consiglio di riempirle con qualche crema saporita o magari una buona marmellata data la loro consistenza piuttosto spugnosa e il gusto non molto dolce. Farina finissima, chilogrammi 1,700. Zucchero, grammi 300. Lievito, grammi 200. Burro, grammi 150. Lardo, grammi 50. Latte, decilitri 4. Marsala, decilitri 2. Rhum, due cucchiaiate. Uova, n. 6. Bicarbonato di soda, un cucchiaino. Un pizzico di sale. Odore di scorza di limone. Se siete precisi colle dosi indicate, la farina basterà per l'appunto ad ottenere una pasta di giusta sodezza. Per lievito, come ho detto altra volta, intendo quella pasta, già preparata, che serve di fermento al pane. Il limone da grattare dev'essere di giardino. Sciogliete il lievito in una catinella colla metà del latte, facendogli prendere tanta farina da farne un pane di giusta consistenza. Dopo formato lasciatelo stare in mezzo alla farina in modo che ne sia circondato da uno strato più alto di un dito. Ponete la catinella in luogo non freddo, riparato dall'aria, e quando quel pane sarà ben lievitato, per il che accorreranno, a seconda della stagione, otto o dieci ore, guastatelo e rifatelo più grande col resto del latte e della farina occorrente. Aspettate che abbia di nuovo lievitato e che sia ben rigonfiato, per il che ci vorrà altrettanto tempo; versatelo allora sulla spianatoia ed impastatelo col resto della farina e con tutti gl'ingredienti citati; ma lavoratelo ben bene e con forza onde la pasta si affini e divenga tutta omogenea. Preparate dei teglioni di ferro o delle teglie di rame stagnate, unte col lardo e infarinate, e nelle medesime collocate le ciambelle che farete grandi a piacere, ma in modo che vi stiano assai larghe. Lasciatele lievitare in cucina o in altro luogo di temperatura tiepida, ed allorché saranno ben rigonfiate, ma non passate di lievito, fate loro colla punta di un coltello delle lunghe incisioni alla superficie, doratele coll'uovo e spargeteci sopra dello zucchero cristallino pestato grosso. Cuocetele in forno a moderato calore. Vi avverto che d'inverno sarà bene impastare il lievito col latte tiepido e mandare le ciambelle a lievitare nella caldana. Colla metà dose potete ottenere quattro belle ciambelle di grammi 350 circa ciascuna, quando non vogliate farle più piccole. Consigli pratici:
Ospite di questa terra meravigliosa che è l'Emilia - Romagna, mi pareva doveroso dedicare qualche post a ricette acquisite in regione. Sfogliando le pagine dell'Artusi ecco appunto un dolce di facile esecuzione, ma molto d'effetto: delicato come un pan brioches, ma più croccante, a metà tra un biscotto e un panino. Provare per credere e mi raccomando: seguite Pellegrino! Inzuppatelo in un liquido, magari nel late caldo la mattina a colazione! Questo è un pane che farà onore alla classica cucina bolognese perché gustoso a mangiarsi solo e atto a essere servito per inzupparlo in qualunque liquido. Farina di grano, grammi 500. Zucchero a velo, grammi 180 Burro, grammi 180. Zibibbo, grammi 70. Pinoli tritati all'ingrosso, grammi 50. Cedro candito a piccoli filetti, grammi 30. Cremor di tartaro, grammi 8. Bicarbonato, grammi 4 Uova, n. 2. Latte, decilitri I. Mescolate lo zucchero con la farina e fatene un monte sulla spianatoia; nella buca che gli farete poneteci il burro, le uova e il latte, ma questo tiepido con le due polveri, dentro, le quali già vedrete che cominciano a fermentare. Impastate ogni cosa insieme e quando il pastone è divenuto omogeneo apritelo per aggiungervi i pinoli, il candito e l'uva. Rimaneggiatelo, onde queste cose vengano sparse egualmente per formarne due pani a forma di spola alti poco più di un dito, dorateli col rosso d'uovo e cuoceteli subito al forno od anche al forno da campagna. Consigli pratici:
Kugelhupf? Un nome piuttosto insolito che non si sente molto in giro, difficilmente presente nei ricettari italiani e quasi sconosciuto nell'ambito della pasticceria regionale. Kugelhupf: un dolce tipico del Natale austriaco, ma facilmente reperibile anche in Germania, viene confezionato solitamente in stampi ondulati e cosparsi di zucchero a velo. Un dolce da the, che ricorda un pan di spagna con un retrogusto di brioches: una curiosità gastronomica che invito a provare. Qui la ricetta dal volume dell'Artusi. Farina d'Ungheria o finissima, grammi 200. Burro, grammi 100. Zucchero, grammi 50. Uva sultanina, grammi 50. Lievito di birra, grammi 30. Uova, uno intero e due rossi. Sale, un pizzico. Odore di scorza di limone. Latte, quanto basta. Intridete il lievito col latte tiepido e un pugno della detta farina per formare un piccolo pane piuttosto sodo; fategli un taglio in croce e ponetelo in una cazzarolina con un velo di latte sotto, coperta e vicina al fuoco, badando che questo non la scaldi troppo. D'inverno sciogliete il burro a bagno-maria poi lavoratelo alquanto coll'uovo intero, indi versate lo zucchero e poi la farina, i rossi d'uovo, il sale e l'odore, mescolando bene. Ora, aggiungete il lievito che nel frattempo avrà già gonfiato e con cucchiaiate di latte tiepido, versate una alla volta, lavorate il composto con un mestolo entro a una catinella per più di mezz'ora riducendolo a una consistenza alquanto liquida, non però troppo. Per ultimo versate l'uva e mettetelo in uno stampo liscio imburrato e spolverizzato di zucchero a velo misto a farina, ove il composto non raggiunga la metà del vaso che porrete ben coperto in caldana o in un luogo di temperatura tiepida a lievitare, al che ci vorranno due o tre ore. Quando sarà ben cresciuto da arrivare alla bocca del vaso, mettetelo in forno a calore non troppo ardente, sformatelo diaccio, spolverizzatelo di zucchero a velo o se credete (questo è a piacere) annaffiatelo col rhum. Consigli pratici
|
Marco FurmentiClasse 1992, cuoco, gastronomo e food and wine manager Archives
Giugno 2015
Categories |